FOTOGALLERIA Cosa spinge una madre a uccidere la sua prole, e magari a mangiarla? Come è possibile che un animale tragga giovamento dallo sterminio dei figli di un parente? La risposta è che alle volte non conosciamo la risposta.
FOTO 1: SALVARE UN CUCCIOLO DALLA MAMMA
Quando Khali, un orso giocoliere dello Smithsonian's National Zoo, è entrata in travaglio alla fine dello scorso anno, i suoi custodi erano entusiasti. Ma poco dopo la nascita del primo cucciolo, qualcosa è andato storto.
"Non sappiamo cosa sia successo", dice Tony Barthel, responsabile dei mammiferi nella sezione dello zoo dedicata all'Asia. Lui e custodi degli orsi stavano guardando Khali su una televisione a circuito chiuso, e quando hanno visto nascere il primo cucciolo, delle dimensioni di una mano, hanno applaudito. Venti minuti dopo, quando dovevano ancora nascere altri piccoli, Khali si è chinata e non per leccare il suo cucciolo, bensì per mangiarlo. Gli applausi sono diventati rantoli di sgomento. "La nostra ipotesi è che il cucciolo non stesse bene, e sia morto ", dice Barthel.
Lo stesso giorno Khali ha dato alla luce altri due cuccioli, e nella settimana seguente era calma e attenta nel nutrirli come qualsiasi mamma orso. Per di più non si trattava della sua prima esperienza, perché in un altro zoo aveva già allevato due cuccioli, nel 2004. I custodi hanno tuttavia continuato a monitorare lei e i piccoli, come avviene con tutte le neo-mamme, e così si trovavano nei paraggi quando Khali si è mangiata un altro dei suoi cuccioli e ha abbandonato il terzo (nella foto).
A quel punto Barthel e le guardie hanno deciso di intervenire, e il 6 gennaio hanno portato via l'ultima superstite dalla tana di Khali: dopo un controllo presso l'ospedale veterinario dello zoo, è risultato che era stata colpita da un'infezione ed era in ipotermia. "Era malata e aveva un elevato numero di globuli bianchi", dice Barthel. "Non sappiamo se la situazione degli altri due piccoli fosse la stessa, ma la mia ipotesi è che comunque non fossero in salute". Qualche tempo dopo tutti gli orsi giocolieri dello zoo si sono ammalati a causa di un virus influenzale.
FOTO 2: CUCCIOLI COME CIBO
Per salvare il cucciolo solitario, i veterinari l'hanno trattato subito con antibiotici, e l'hanno messo in un incubatore per ripristinarne la normale temperatura corporea. Poche ore dopo, è stato possibile allattarla grazie a un biberon. I custodi, dal canto loro, non hanno trovato risposta alla più impensabile delle domande: perché mai una madre dovrebbe mangiare i propri piccoli?
"Può sembrare innaturale", spiega Barthel, "ma ci sono delle ragioni. A noi potrebbero sembrare crudeli, ma sono semplici, e hanno a che vedere con la disponibilità di risorse". Non a caso orsi, felini, canidi, primati e molte specie di roditori (dai ratti ai cani della prateria) sono stati visti uccidere e mangiare i propri piccoli. Anche nel caso di pesci, anfibi, rettili e uccelli questo comportamento non è una novità.
Quando le madri dei mammiferi partoriscono devono cominciare ad allattare i neonati, e possono farlo solo se sono sane e ben nutrite. Nel caso invece un orso partorisca cuccioli malati, deformi o non riesca a procurarsi abbastanza cibo, solitamente finisce per ucciderli e mangiarli. "I cuccioli diventano una risorsa, e la madre non può permettersi di sprecarla", spiega Barthel.
Anche una leonessa o una femmina di cane selvatico farà lo stesso, se non è in grado di allattare i piccoli o trovar loro del cibo. E se uno dovesse morire molto probabilmente sceglierà di mangiarlo, come ha fatto Khali, risolvendo due problemi: quello del nutrimento e della carcassa in putrefazione. "In questo modo non c'è nulla nella sua tana che, marcendo, potrebbe attirare predatori", spiega Barthel.
Anche se viste in questo modo tali decisioni sembrano ragionevoli, i biologi avevano finito per considerare il comportamento quasi patologico, specialmente quando avviene a prescindere dalle circostanze difficili.
FOTO 3: ANCHE I MASCHI UCCIDONO I CUCCIOLI
"Prima del 1970, ogni tipo di infanticidio animale era considerato patologico", spiega Craig Stanford, primatologo della University of Southern California a Los Angeles. "Ora, alcuni scenari vengono invece riconosciuti come parte della strategia riproduttiva di un animale".
I leoni sono uno degli esempi più noti: tipicamente, un branco include uno o due maschi adulti che si riproducono e fungono da padri per i piccoli. Se gli altri maschi li scalzano, uccidono poi quasi immediatamente i giovani cuccioli, nonostante i tentativi delle madre di proteggerli. In questo modo le femmine ritornano fertili rapidamente, e si accoppiano con quegli stessi maschi che hanno ucciso i loro cuccioli (nella foto, un maschio quasi adulto protegge un piccolo, dopo che i più giovani l'hanno attaccato).
Dal punto di vista dei nuovi arrivati "non c'è motivo di investire risorse ed energie per allevare i cuccioli dei maschi precedenti", anche perché, secondo Stanford, spesso si tratta di leoni estranei che non vi sono imparentati in alcun modo. Il successo riproduttivo si ha infatti con la trasmissione del maggior numero possibile di geni, aumentando la propria progenie o contribuendo a far sopravvivere quella dei familiari.
Questo tipo di infanticidio si trova in quasi tutte le specie di primati, tra cui scimpanzé, gorilla e, per quanto ci piacerebbe negarlo, gli esseri umani. I bonobo maschi sono infatti tra le poche specie che non sono mai state viste uccidere i piccoli, probabilmente perché la società è matriarcale e attaccare i giovani è piuttosto pericoloso. I bonobo, inoltre, si accoppiano felicemente con tutti nella loro comunità, il che rende difficile ai maschi distinguere la propria progenie da quella altrui.
FOTO 4: LA "CATTIVA" MEMORIA DEI TURSIOPI
Una strategia contro-riproduttiva molto comune tra le femmine è infatti quella di confondere i maschi riguardo all'eventuale paternità dei cuccioli, ma non sempre funziona.
I tursiopi, ad esempio, si ricordano con quali femmine si sono accoppiati. Quando un maschio incontra una madre sconosciuta con il suo piccolo, infatti, fa il possibile per separarli e ferire gravemente o anche uccidere l'esemplare più giovane. Nel secondo caso, la madre diventa di nuovo fertile nel giro di qualche mese, dando al maschio la possibilità di essere il padre del suo prossimo piccolo. Se il piccolo invece sopravvive, la madre non sarà ricettiva per altri 3-4 anni (che dal punto di vista di un maschio in età riproduttiva sono molti).
FOTO 5: MORTE ALLO ZOO DI LOS ANGELES
Generalmente gli zoo cercano di impedire che i maschi uccidano i piccoli, gestendo la riproduzione con molta cura. Ma a volte gli animali si comportano in modo imprevedibile, come quando nel 2012 uno scimpanzé maschio adulto ha ucciso il cucciolo di tre mesi della sorella Gracie, davanti agli occhi dei visitatori dello zoo di Los Angeles.
I guardiani dello zoo avevano tenuto Gracie lontano dagli altri animali per tre mesi dopo il parto, dandole il tempo di legare pacificamente con il suo cucciolo (nella foto). Tutto sembrava andare per il meglio, e i custodi hanno così deciso di reintrodurre lentamente la coppia nella comunità. Gli altri scimpanzé hanno accolto entrambe guardando con curiosità al nuovo arrivato, che era oltretutto il primo cucciolo nato allo zoo in 13 anni.
Ma un giorno, senza preavviso, il fratello di Gracie ha strappato il piccolo dalle sue braccia e ha cominciato a correre nel recinto sbattendolo a terra e contro le pareti. Nonostante le grida e le proteste di Gracie non le ha restituito il cucciolo, ormai morto, e i custodi non sono stati in grado di intervenire. "Ha usato il piccolo per mettersi in mostra", spiega Stanford, "ed è impossibile spiegare perché".
"È stato molto strano perché il maschio era il fratello della madre, il cucciolo era suo nipote", aggiunge. "Non è uno scenario comune in natura, ma per quanto possiamo saperne non è stato dovuto a cattiva gestione dello zoo, né al fatto che gli scimpanzé fossero in cattività". Secondo le regole del successo riproduttivo, infatti, avrebbe avuto più senso se il fratello di Gracie avesse protetto la nipote, in quanto parente. Una volta cresciuta, e avuti dei piccoli a sua volta, parte della sua eredità genetica sarebbe infatti stata trasmessa grazie a loro. "Forse non è stato intenzionale, e si trattava solamente di un giovane maschio troppo esuberante", conclude Stanford.
Sia i custodi dello zoo che i visitatori sono rimasti comunque con il cuore spezzato, e il personale ha fatto il possibile per aiutare Gracie lasciandole il corpo del piccolo in una stanza separata dagli altri scimpanzé, per compiangerlo. "Lei capisce che è morto", ha spiegato un membro dello staff dello zoo al momento dell'incidente, aggiungendo che Gracie aveva trascorso un giorno e una notte seduta in silenzio accanto al corpo del suo cucciolo.
FOTO 6: RITORNO DALLA MADRE
Il cucciolo superstite di Kahli, che aveva ancora gli occhi chiusi quando i custodi l'hanno portato dal veterinario, sta invece sempre meglio. È stato curato e nutrito con il biberon a intervalli regolari, e viene controllato 24 ore su 24. "Diventerà una peste", commenta Barthel, "è piena di energia e ha una bocca molto forte. Finora la portavamo in giro con una fascia, ma ora è troppo grande". Un cucciolo appena nato, normalmente, si muove sul dorso della madre per mesi.
I custodi stanno lentamente reintroducendo il cucciolo nella comunità di orsi giocolieri, facendole sentire gli odori e i suoni degli altri animali e viceversa, oltre a lasciarle esplorare le tane quando sono vuote. Nei prossimi mesi lasceranno che gli altri orsi la vedano, e se tutto va bene potranno riavvicinarla anche a Khali o al padre, Francoise. "Speriamo, alla fine, di riportarla dalla madre. Sarà rischioso, ma è nel suo migliore interesse".
A un certo punto, durante l'estate, il piccolo verrà anche presentato ai visitatori dello zoo. Il comportamento di Khali era dunque normale o patologico? "In un caso come questo è impossibile dirlo", spiega Stanford. "Se i cuccioli erano malati è probabile sia stata una risposta naturale, ma solleva un'altra domanda. Come faceva la madre a saperlo?". Come molte altre volte capita quando si tratta di animali, ci sono domande che forse non avranno mai risposta.
FONTE
Quando Khali, un orso giocoliere dello Smithsonian's National Zoo, è entrata in travaglio alla fine dello scorso anno, i suoi custodi erano entusiasti. Ma poco dopo la nascita del primo cucciolo, qualcosa è andato storto.
"Non sappiamo cosa sia successo", dice Tony Barthel, responsabile dei mammiferi nella sezione dello zoo dedicata all'Asia. Lui e custodi degli orsi stavano guardando Khali su una televisione a circuito chiuso, e quando hanno visto nascere il primo cucciolo, delle dimensioni di una mano, hanno applaudito. Venti minuti dopo, quando dovevano ancora nascere altri piccoli, Khali si è chinata e non per leccare il suo cucciolo, bensì per mangiarlo. Gli applausi sono diventati rantoli di sgomento. "La nostra ipotesi è che il cucciolo non stesse bene, e sia morto ", dice Barthel.
Lo stesso giorno Khali ha dato alla luce altri due cuccioli, e nella settimana seguente era calma e attenta nel nutrirli come qualsiasi mamma orso. Per di più non si trattava della sua prima esperienza, perché in un altro zoo aveva già allevato due cuccioli, nel 2004. I custodi hanno tuttavia continuato a monitorare lei e i piccoli, come avviene con tutte le neo-mamme, e così si trovavano nei paraggi quando Khali si è mangiata un altro dei suoi cuccioli e ha abbandonato il terzo (nella foto).
A quel punto Barthel e le guardie hanno deciso di intervenire, e il 6 gennaio hanno portato via l'ultima superstite dalla tana di Khali: dopo un controllo presso l'ospedale veterinario dello zoo, è risultato che era stata colpita da un'infezione ed era in ipotermia. "Era malata e aveva un elevato numero di globuli bianchi", dice Barthel. "Non sappiamo se la situazione degli altri due piccoli fosse la stessa, ma la mia ipotesi è che comunque non fossero in salute". Qualche tempo dopo tutti gli orsi giocolieri dello zoo si sono ammalati a causa di un virus influenzale.
FOTO 2: CUCCIOLI COME CIBO
Per salvare il cucciolo solitario, i veterinari l'hanno trattato subito con antibiotici, e l'hanno messo in un incubatore per ripristinarne la normale temperatura corporea. Poche ore dopo, è stato possibile allattarla grazie a un biberon. I custodi, dal canto loro, non hanno trovato risposta alla più impensabile delle domande: perché mai una madre dovrebbe mangiare i propri piccoli?
"Può sembrare innaturale", spiega Barthel, "ma ci sono delle ragioni. A noi potrebbero sembrare crudeli, ma sono semplici, e hanno a che vedere con la disponibilità di risorse". Non a caso orsi, felini, canidi, primati e molte specie di roditori (dai ratti ai cani della prateria) sono stati visti uccidere e mangiare i propri piccoli. Anche nel caso di pesci, anfibi, rettili e uccelli questo comportamento non è una novità.
Quando le madri dei mammiferi partoriscono devono cominciare ad allattare i neonati, e possono farlo solo se sono sane e ben nutrite. Nel caso invece un orso partorisca cuccioli malati, deformi o non riesca a procurarsi abbastanza cibo, solitamente finisce per ucciderli e mangiarli. "I cuccioli diventano una risorsa, e la madre non può permettersi di sprecarla", spiega Barthel.
Anche una leonessa o una femmina di cane selvatico farà lo stesso, se non è in grado di allattare i piccoli o trovar loro del cibo. E se uno dovesse morire molto probabilmente sceglierà di mangiarlo, come ha fatto Khali, risolvendo due problemi: quello del nutrimento e della carcassa in putrefazione. "In questo modo non c'è nulla nella sua tana che, marcendo, potrebbe attirare predatori", spiega Barthel.
Anche se viste in questo modo tali decisioni sembrano ragionevoli, i biologi avevano finito per considerare il comportamento quasi patologico, specialmente quando avviene a prescindere dalle circostanze difficili.
FOTO 3: ANCHE I MASCHI UCCIDONO I CUCCIOLI
"Prima del 1970, ogni tipo di infanticidio animale era considerato patologico", spiega Craig Stanford, primatologo della University of Southern California a Los Angeles. "Ora, alcuni scenari vengono invece riconosciuti come parte della strategia riproduttiva di un animale".
I leoni sono uno degli esempi più noti: tipicamente, un branco include uno o due maschi adulti che si riproducono e fungono da padri per i piccoli. Se gli altri maschi li scalzano, uccidono poi quasi immediatamente i giovani cuccioli, nonostante i tentativi delle madre di proteggerli. In questo modo le femmine ritornano fertili rapidamente, e si accoppiano con quegli stessi maschi che hanno ucciso i loro cuccioli (nella foto, un maschio quasi adulto protegge un piccolo, dopo che i più giovani l'hanno attaccato).
Dal punto di vista dei nuovi arrivati "non c'è motivo di investire risorse ed energie per allevare i cuccioli dei maschi precedenti", anche perché, secondo Stanford, spesso si tratta di leoni estranei che non vi sono imparentati in alcun modo. Il successo riproduttivo si ha infatti con la trasmissione del maggior numero possibile di geni, aumentando la propria progenie o contribuendo a far sopravvivere quella dei familiari.
Questo tipo di infanticidio si trova in quasi tutte le specie di primati, tra cui scimpanzé, gorilla e, per quanto ci piacerebbe negarlo, gli esseri umani. I bonobo maschi sono infatti tra le poche specie che non sono mai state viste uccidere i piccoli, probabilmente perché la società è matriarcale e attaccare i giovani è piuttosto pericoloso. I bonobo, inoltre, si accoppiano felicemente con tutti nella loro comunità, il che rende difficile ai maschi distinguere la propria progenie da quella altrui.
FOTO 4: LA "CATTIVA" MEMORIA DEI TURSIOPI
Una strategia contro-riproduttiva molto comune tra le femmine è infatti quella di confondere i maschi riguardo all'eventuale paternità dei cuccioli, ma non sempre funziona.
I tursiopi, ad esempio, si ricordano con quali femmine si sono accoppiati. Quando un maschio incontra una madre sconosciuta con il suo piccolo, infatti, fa il possibile per separarli e ferire gravemente o anche uccidere l'esemplare più giovane. Nel secondo caso, la madre diventa di nuovo fertile nel giro di qualche mese, dando al maschio la possibilità di essere il padre del suo prossimo piccolo. Se il piccolo invece sopravvive, la madre non sarà ricettiva per altri 3-4 anni (che dal punto di vista di un maschio in età riproduttiva sono molti).
FOTO 5: MORTE ALLO ZOO DI LOS ANGELES
Generalmente gli zoo cercano di impedire che i maschi uccidano i piccoli, gestendo la riproduzione con molta cura. Ma a volte gli animali si comportano in modo imprevedibile, come quando nel 2012 uno scimpanzé maschio adulto ha ucciso il cucciolo di tre mesi della sorella Gracie, davanti agli occhi dei visitatori dello zoo di Los Angeles.
I guardiani dello zoo avevano tenuto Gracie lontano dagli altri animali per tre mesi dopo il parto, dandole il tempo di legare pacificamente con il suo cucciolo (nella foto). Tutto sembrava andare per il meglio, e i custodi hanno così deciso di reintrodurre lentamente la coppia nella comunità. Gli altri scimpanzé hanno accolto entrambe guardando con curiosità al nuovo arrivato, che era oltretutto il primo cucciolo nato allo zoo in 13 anni.
Ma un giorno, senza preavviso, il fratello di Gracie ha strappato il piccolo dalle sue braccia e ha cominciato a correre nel recinto sbattendolo a terra e contro le pareti. Nonostante le grida e le proteste di Gracie non le ha restituito il cucciolo, ormai morto, e i custodi non sono stati in grado di intervenire. "Ha usato il piccolo per mettersi in mostra", spiega Stanford, "ed è impossibile spiegare perché".
"È stato molto strano perché il maschio era il fratello della madre, il cucciolo era suo nipote", aggiunge. "Non è uno scenario comune in natura, ma per quanto possiamo saperne non è stato dovuto a cattiva gestione dello zoo, né al fatto che gli scimpanzé fossero in cattività". Secondo le regole del successo riproduttivo, infatti, avrebbe avuto più senso se il fratello di Gracie avesse protetto la nipote, in quanto parente. Una volta cresciuta, e avuti dei piccoli a sua volta, parte della sua eredità genetica sarebbe infatti stata trasmessa grazie a loro. "Forse non è stato intenzionale, e si trattava solamente di un giovane maschio troppo esuberante", conclude Stanford.
Sia i custodi dello zoo che i visitatori sono rimasti comunque con il cuore spezzato, e il personale ha fatto il possibile per aiutare Gracie lasciandole il corpo del piccolo in una stanza separata dagli altri scimpanzé, per compiangerlo. "Lei capisce che è morto", ha spiegato un membro dello staff dello zoo al momento dell'incidente, aggiungendo che Gracie aveva trascorso un giorno e una notte seduta in silenzio accanto al corpo del suo cucciolo.
FOTO 6: RITORNO DALLA MADRE
Il cucciolo superstite di Kahli, che aveva ancora gli occhi chiusi quando i custodi l'hanno portato dal veterinario, sta invece sempre meglio. È stato curato e nutrito con il biberon a intervalli regolari, e viene controllato 24 ore su 24. "Diventerà una peste", commenta Barthel, "è piena di energia e ha una bocca molto forte. Finora la portavamo in giro con una fascia, ma ora è troppo grande". Un cucciolo appena nato, normalmente, si muove sul dorso della madre per mesi.
I custodi stanno lentamente reintroducendo il cucciolo nella comunità di orsi giocolieri, facendole sentire gli odori e i suoni degli altri animali e viceversa, oltre a lasciarle esplorare le tane quando sono vuote. Nei prossimi mesi lasceranno che gli altri orsi la vedano, e se tutto va bene potranno riavvicinarla anche a Khali o al padre, Francoise. "Speriamo, alla fine, di riportarla dalla madre. Sarà rischioso, ma è nel suo migliore interesse".
A un certo punto, durante l'estate, il piccolo verrà anche presentato ai visitatori dello zoo. Il comportamento di Khali era dunque normale o patologico? "In un caso come questo è impossibile dirlo", spiega Stanford. "Se i cuccioli erano malati è probabile sia stata una risposta naturale, ma solleva un'altra domanda. Come faceva la madre a saperlo?". Come molte altre volte capita quando si tratta di animali, ci sono domande che forse non avranno mai risposta.
FONTE