Il segnale salva la vita a questi coleotteri notturni, della famiglia dei Lampiridi, ed evita ai pipistrelli una serataccia: le sostanze chimiche alla base del brillio (come la proteina luciferina) sono indigeste per i predatori, tanto indigeste da provocare conati di vomito immediati.
Appuntamento al buio. I ricercatori della Boise State University (Idaho, Usa) si sono presi l'ingrato compito di presentare alle lucciole (e ad altri insetti) alcuni esemplari di pipistrello serotino bruno (Eptesicus fuscus) che con quegli insetti non avevano mai interagito. Gli incontri sono avvenuti in una camera oscura e sono proseguite per 4 giorni, sotto l'occhio attento di telecamere ad alta velocità.
Il primo giorno tutti i pipistrelli coinvolti hanno mangiato una lucciola. Come da copione, hanno scosso la testa, ipersalivato e sputato il boccone, e dopo alcuni passi falsi hanno imparato a evitare l'insetto. A questo punto, il team ha introdotto nella stanza alcune lucciole con l'addome dipinto di nero (l'equivalente di "spegnere la luce"): il 40% di esse è stato mangiato comunque, mentre nessun pipistrello ha più osato avvicinarsi alle lucciole libere di brillare.
Siamo vivi: festeggiamo... L'ipotesi è che la luminosità possa essersi evoluta in prima istanza come arma di difesa, e che in un secondo momento sia stata adottata per il corteggiamento. Questo spiegherebbe perché alcune larve di lucciole (delle quali esistono circa 2.000 specie) si illuminino al buio nonostante siano sessualmente immature. Il bagliore, comunque, non è tutto: per i ricercatori, i pipistrelli saprebbero riconoscere le lucciole anche dalla frequenza del loro battito d'ali.
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