In Malesia i trafficanti usano il social network per offrire uccelli, orsi, felini e altre specie minacciate. La denuncia di TRAFFIC
Un cucciolo di gibbone dalle mani bianche (Hylobates lar) e uno di presbite della Sonda (Presbytis femoralis) in vendita su gruppi di Facebook. Fotografia per gentile concessione TRAFFIC
Il commercio di fauna selvatica, legale e non, in Malesia si svolge su Facebook. Ed è un mercato in crescita, dove i venditori propongono uccelli e rettili ma anche mammiferi come orsi malesi, lori lenti della Sonda e gatti leopardo, tutti e tre in teoria soggetti a protezione totale secondo le legge malese, che ne impedisce caccia, sfruttamento e vendita salvo specifico permesso del Dipartimento per la fauna selvatica e i parchi nazionali della Malaysia peninsulare (PERIHILTAN).
A denunciarlo è un rapporto di TRAFFIC, l'organizzazione internazionale che appunto combatte il traffico delle specie minacciate. I ricercatori dell'associazione hanno seguito per cinque mesi l’attività di 14 gruppi di Facebook dedicati alla vendita di animali: anche monitorando l'offerta per solo mezz'ora al giorno, in questa finestra hanno trovato oltre 106 commercianti attivi e 80 specie in vendita, circa la metà illegalmente, per un totale di oltre 300 animali. Quasi nessun cenno ai permessi CITES (obbligatori per l’86% delle specie proposte) né alla provenienza degli animali in vendita. È molto probabile che la maggior parte se non tutti siano stati catturati in natura, violando la legge malese che prevede, in base al grado di protezione della specie, multe che arrivano a 130.000 dollari e pene fino a cinque anni di reclusione.
Leggi che non sembrano incutere timore, perché la compravendita avviene alla luce del sole ed è rivolta ad acquirenti malesi: alcuni gruppi Facebook sono chiusi (visibili solo agli iscritti) ma i venditori lasciano nei post tutti i dati per essere contattati e offrono di consegnare personalmente gli animali. Solo in un caso si menzionava la spedizione. Nessun “linguaggio in codice” o tentativo di coprire l’illegalità. Il 44% delle specie sono uccelli come nibbi bianchi australiani, merli indiani, barbagianni e i rari cacatua crestagialla, ma si trovano anche gatti a testa piatta, linsanghi fasciati, macachi nemestrini e gibboni dalle mani bianche, oltre a rettili gravemente minacciati non nativi della Malesia. Nell’ottobre 2015, all’aeroporto di Antananarivo, le autorità hanno sequestrato 763 testuggini raggiate e otto testuggini dal vomere dirette proprio a Kuala Lumpur, la capitale malese. Entrambe le specie sono endemiche del Madagascar e a rischio di estinzione.
Il commercio di fauna selvatica, legale e non, in Malesia si svolge su Facebook. Ed è un mercato in crescita, dove i venditori propongono uccelli e rettili ma anche mammiferi come orsi malesi, lori lenti della Sonda e gatti leopardo, tutti e tre in teoria soggetti a protezione totale secondo le legge malese, che ne impedisce caccia, sfruttamento e vendita salvo specifico permesso del Dipartimento per la fauna selvatica e i parchi nazionali della Malaysia peninsulare (PERIHILTAN).
A denunciarlo è un rapporto di TRAFFIC, l'organizzazione internazionale che appunto combatte il traffico delle specie minacciate. I ricercatori dell'associazione hanno seguito per cinque mesi l’attività di 14 gruppi di Facebook dedicati alla vendita di animali: anche monitorando l'offerta per solo mezz'ora al giorno, in questa finestra hanno trovato oltre 106 commercianti attivi e 80 specie in vendita, circa la metà illegalmente, per un totale di oltre 300 animali. Quasi nessun cenno ai permessi CITES (obbligatori per l’86% delle specie proposte) né alla provenienza degli animali in vendita. È molto probabile che la maggior parte se non tutti siano stati catturati in natura, violando la legge malese che prevede, in base al grado di protezione della specie, multe che arrivano a 130.000 dollari e pene fino a cinque anni di reclusione.
Leggi che non sembrano incutere timore, perché la compravendita avviene alla luce del sole ed è rivolta ad acquirenti malesi: alcuni gruppi Facebook sono chiusi (visibili solo agli iscritti) ma i venditori lasciano nei post tutti i dati per essere contattati e offrono di consegnare personalmente gli animali. Solo in un caso si menzionava la spedizione. Nessun “linguaggio in codice” o tentativo di coprire l’illegalità. Il 44% delle specie sono uccelli come nibbi bianchi australiani, merli indiani, barbagianni e i rari cacatua crestagialla, ma si trovano anche gatti a testa piatta, linsanghi fasciati, macachi nemestrini e gibboni dalle mani bianche, oltre a rettili gravemente minacciati non nativi della Malesia. Nell’ottobre 2015, all’aeroporto di Antananarivo, le autorità hanno sequestrato 763 testuggini raggiate e otto testuggini dal vomere dirette proprio a Kuala Lumpur, la capitale malese. Entrambe le specie sono endemiche del Madagascar e a rischio di estinzione.
Testuggini raggiate (Astrochelys radiata) e Cacatua crestagialla (Cacatua sulphurea) in vendita su gruppi di Facebook. Fotografia per gentile concessione TRAFFIC
Fino al 2012 il commercio di animali in Malesia, in particolare rettili come le tartarughe d’acqua dolce, si svolgeva su piattaforme dedicate mentre su Facebook aveva luogo solo il 10-18% degli scambi. Nel 2013 ha raggiunto il 70% e ha continuato a crescere. Tra i malesi che usano internet oggi 8 su 10 sono su Facebook e gli iscritti ai gruppi monitorati da TRAFFIC erano quasi 70.000, con a disposizione un’offerta continua di animali.
Ma il problema non è solo malese. In Cina, dove Facebook è censurato, il 64% delle trattative per animali vivi, loro parti o derivati si svolge su piattaforme come Wechat e QQ in Cina. Nei primi mesi del 2014 un’indagine su questi social media ha trovato in vendita migliaia di prodotti, tra i quali 115 zanne intere di elefante e 77 tra frammenti e corni interi di rinoceronte.
Come si comporta chi ospita questo traffico? Nel 2009 eBay ha vietato la vendita dell’avorio in ogni sua forma (anche se rimane un notevole mercato per le specie vegetali invasive) e nel 2012 15 siti di e-commerce cinesi si sono impegnati in una politica di tolleranza zero verso le trattative di merci illegali. Nel 2014 anche Etsy ha proibito il commercio di prodotti derivati da animali.
Il PERIHILTAN controlla già da qualche anno il mercato online e ha istituito un’unità dedicata, la Cybercrime Unit, che nel marzo 2015 ha arrestato 11 persone e sequestrato quasi 70 animali che erano in vendita su Facebook, alcuni appartenenti a specie protette. Dal 2013 monitora oltre 30 gruppi, ha condotto 43 sequestri e arrestato più di 50 trafficanti. Ora Facebook collaborerà con TRAFFIC per individuare soluzioni pratiche ed efficaci, oltre ad aver già confermato che tutti i contenuti che promuovono il commercio illegale verranno rimossi.
FONTE
Fino al 2012 il commercio di animali in Malesia, in particolare rettili come le tartarughe d’acqua dolce, si svolgeva su piattaforme dedicate mentre su Facebook aveva luogo solo il 10-18% degli scambi. Nel 2013 ha raggiunto il 70% e ha continuato a crescere. Tra i malesi che usano internet oggi 8 su 10 sono su Facebook e gli iscritti ai gruppi monitorati da TRAFFIC erano quasi 70.000, con a disposizione un’offerta continua di animali.
Ma il problema non è solo malese. In Cina, dove Facebook è censurato, il 64% delle trattative per animali vivi, loro parti o derivati si svolge su piattaforme come Wechat e QQ in Cina. Nei primi mesi del 2014 un’indagine su questi social media ha trovato in vendita migliaia di prodotti, tra i quali 115 zanne intere di elefante e 77 tra frammenti e corni interi di rinoceronte.
Come si comporta chi ospita questo traffico? Nel 2009 eBay ha vietato la vendita dell’avorio in ogni sua forma (anche se rimane un notevole mercato per le specie vegetali invasive) e nel 2012 15 siti di e-commerce cinesi si sono impegnati in una politica di tolleranza zero verso le trattative di merci illegali. Nel 2014 anche Etsy ha proibito il commercio di prodotti derivati da animali.
Il PERIHILTAN controlla già da qualche anno il mercato online e ha istituito un’unità dedicata, la Cybercrime Unit, che nel marzo 2015 ha arrestato 11 persone e sequestrato quasi 70 animali che erano in vendita su Facebook, alcuni appartenenti a specie protette. Dal 2013 monitora oltre 30 gruppi, ha condotto 43 sequestri e arrestato più di 50 trafficanti. Ora Facebook collaborerà con TRAFFIC per individuare soluzioni pratiche ed efficaci, oltre ad aver già confermato che tutti i contenuti che promuovono il commercio illegale verranno rimossi.
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