Il povero uccellino era tremante e apriva il beccuccio come se chiedesse il cibo alla sua mamma; cominciammo allora a nutrirlo e con molta fatica imparò a mangiare e ad accettare il cibo non dal becco della sua mamma, bensì dalla punta di un cucchiaino.
Sergio disse: “Come lo chiamiamo? “ e subito dopo: “lo chiameremo Francesco, come il Santo che parlava agli uccelli”.
Francesco diventava ogni giorno più robusto e poco a poco fece le sue prime prove di volo, passando dalle spalle di Mario, mio marito, a quelle di Sergio, per posarsi poi sul tavolo di cucina ormai avvezzo all’ora del suo piccolo pasto.
Quando venne per noi il momento di andare in vacanza, pensammo di lasciarlo ai nonni, ma quelli paterni avevano in casa una gattina troppo “golosa”, così Francesco fece le sue vacanze da nonno Felice e nonna Luisa.
Al nostro rientro, lo trovammo in perfetta forma e i suoi voli in casa si facevano sempre più sicuri e più alti. Era ormai la fine dell’estate, quando un giorno Sergio inavvertitamente spalancò la porta della cucina, ed ecco che vedemmo Francesco spiccare il volo e andare in alto lontano, lontano sino a sparire dalla nostra vista. Rimanemmo senza parole, ma Sergio, dopo un primo attimo di smarrimento e per sua consolazione disse: “In fondo era la libertà che lui voleva.....”
Il secondo passerotto, anzi, un uccellino della famiglia dei Passeriformi, l’aveva portato a casa Claudio. Andando in bicicletta, percorrendo un viale cittadino, aveva sentito un fievole cinguettio e si era accorto di questo minuscolo uccellino, probabilmente caduto da un albero.
A casa sì, ma sorgeva un problema; in quel periodo la nostra casa era allietata dalla presenza di Duchessa, la nostra bella gattona, la quale avrebbe mal sopportato la presenza di un nuovo inquilino! Così pensammo a nonna Luisa, che ora abitava sul nostro pianerottolo: ecco trovata la sistemazione per quel povero passero. In men che non si dica la nonna si sentì coinvolta nell’impresa e fece del suo meglio per allevarlo; dapprima lo mettemmo in una gabbietta di fortuna, poi lo lasciammo libero di girare per casa, sino a che cominciò a fare i primi voletti.
E, come Francesco, anch’egli trovò una porta aperta e provò a fuggire, ma non essendo ancora idoneo ai lunghi voli, attraversò il cortile, andò a posarsi su di un balcone e lì si fermò per riprendere fiato, così Claudio andò a riprenderlo.
A quel punto decidemmo di telefonare alla LIPU che ci disse di portarlo in una loro sede dalle parti di San Mauro; lo lasciammo fiduciosi nelle loro mani e dopo poco tempo ci fecero sapere che, in perfetta salute aveva spiccato il volo per altri lidi.
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