FONTE
In alcuni paesi il corallo viene prelevato dalla scogliera per la costruzione di case e strade, oppure bruciato per farne concime calcareo; dove ciò accade, spesso le barriere sono messe completamente a nudo e non più protette dalle mareggiate o da possibili uragani. In tutto il mondo si raccolgono coralli e conchiglie per venderli come souvenir o per ricavarne articoli per gioielleria o altri prodotti di artigianato: a causa di questo sfruttamento indiscriminato molte specie di molluschi del reef sono ormai diventate rare. In tutti i Paesi tropicali è possibile acquistare oggetti di artigianato locale: non solo gioielli in oro e argento, monili colorati, suppellettili di legno decorato, tessuti, ma anche animali o parti di animali che abitano il reef. L’hobby di collezionare conchiglie veniva praticato già dagli Assiri, dai Fenici, dagli Egiziani, dai Greci e dai Romani. Le conchiglie di alcune specie di ciprea furono usate in passato come moneta di scambio in Africa e Asia. Le gigantesche tridacne invece, larghe sino a un metro e mezzo e pesanti sino a 3 quintali, sono state utilizzate fino a poco tempo fa come vasche ornamentali nei giardini o come acquasantiere nelle chiese. Varie conchiglie di minor pregio, dopo essere state polverizzate, servono come materiale calcareo per la fabbricazione della porcellana. Non tutti sanno però che portarsi a casa souvenir costituiti da specie a rischio come il corallo e la tartaruga è una violazione della legge. Infatti, la convenzione di Washington sul commercio internazionale di specie animali e vegetali comprende oltre 30.000 divieti. Non si possono acquistare oggetti che derivano da animali in via d’estinzione (tigri, leopardi, ghepardi, elefanti, rinoceronti, balene, farfalle, coralli, tartarughe ecc.). Spesso quindi, fare acquisti nei Paesi esotici senza la dovuta attenzione può costare caro. Tornare a casa, ad esempio, con una piccola tartaruga dalle Maldive potrebbe costare fino a 1000 dollari di multa e in alcuni casi si rischia anche l’arresto. In molti Paesi tropicali è addirittura vietato raccogliere coralli morti e conchiglie che si trovano sulla spiaggia (come in Kenia o alle Maldive).
FONTE
L’aspetto della Terra prima dell’ultima glaciazione era sicuramente molto diverso da quello attuale. Un tempo, le zone dove ora ci sono deserti e savane erano occupate da foreste, mentre alle medie e alte latitudini si trovava una distesa di ghiacci. In seguito all’inaridimento del clima, vi fu una progressiva diminuzione delle foreste e comparve così la savana. In particolare, nelle foreste dell’Africa, circa 7 o 8 milioni di anni fa si sono verificati eventi geologici, oggi spiegabili con la tettonica a placche, tali da determinare la comparsa delle savane e dell’uomo sulla Terra. Prima di tutto si formò la fossa tettonica che in seguito determinò il distacco del Corno d’Africa (Eritrea, Etiopia, Uganda, ecc.) dal continente stesso. Questa zona, che si può riconoscere seguendo da nord a sud la linea dei Grandi Laghi, fu a lungo tormentata da un’intensa attività vulcanica, che determinò importanti cambiamenti climatici: i venti provenienti da ovest e carichi di pioggia non giunsero più nell’entroterra e di conseguenza, la zona si inaridì. Scomparve così la foresta, sostituita dalla savana, un ambiente nuovo non adatto a scimmie arboricole, che favorì perciò le specie capaci di usare sempre meglio gli arti posteriori, avviandosi gradualmente verso l’andatura bipede. Al contrario, le grandi scimmie continuarono ad evolversi seguendo il ritirarsi delle foreste. Nelle zone erbose, la posizione eretta permetteva di esplorare meglio l’ambiente, di individuare più facilmente il cibo, di localizzare rapidamente i pericoli. Stimolate dal nuovo stile di vita, cominciarono così a comparire forme meglio adattate alla vita in ambiente aperto: é l’origine della linea evolutiva degli ominidi. Oltre a questi eventi geologici, la comparsa della savana è dovuta, in tempi più recenti, all’azione dell’uomo attraverso il taglio degli alberi per il legname, l’imposizione del pascolo e gli incendi. Infatti, l’intervento umano ha ampliato quella che era l’area naturale di questo bioma.
FONTE
In questo ecosistema ostile l’insediamento umano è legato anche allo sfruttamento delle risorse minerarie: dall’oro ai diamanti, dal petrolio a molti minerali. Già nel periodo tolemaico, nell’antico Egitto, gli schiavi faticavano senza interruzione per estrarre l’oro dal quarzo, utilizzando rudimentali strumenti di pietra. Ancora oggi, una vasta fetta del deserto della Namibia e del Sud Africa è sfruttata per l’estrazione di diamanti. A testimoniare quest’attività, rimane l’ex città mineraria di Kolmanskop, oggi una vera e propria città fantasma al confine con questa zona proibita. Venne fondata attorno al 1920 a seguito del ritrovamento di diamanti, crebbe rapidamente fino a diventare un importante centro lavorativo e residenziale della zona e venne completamente abbandonata nel 1956. Oggi la sabbia ha invaso alcune case entrando dalle finestre, sbarrando le porte e sfondando i tetti, e solo alcune abitazioni sono mantenute in buone condizioni e perfettamente arredate, a raccontare come l’uomo ha vissuto in questo luogo. Il Sud Africa e’ il più importante produttore di diamanti del continente Africano. In questa zona, i diamanti si ritrovano principalmente in rocce ignee, come i camini kimberlitici, che furono scoperti per la prima volta nel 1869. Il più grande diamante mai trovato, il Cullinan (3.106 carati - nella foto), e molte altre importantissime gemme sono state estratte proprio in Sud Africa. Per notizie riguardanti al petrolio, si rimanda alla sezione ad esso dedicata.
FONTE
All’inizio del XII secolo numerose tribù turco-mongole nomadi, simili per lingua, cultura e costumi di vita, vivevano nell’altopiano stepposo dell’Asia centrale. Questi gruppi si erano uniti in piccole tribù per lo più famigliari, armate e decise a difendere i loro pascoli e le mandrie. A capo delle tribù c’erano i clan più potenti che decidevano quando e dove accamparsi, pascolare il bestiame e contro chi combattere. Le famiglie più deboli conservavano l’autorità e il possesso dei propri animali, ma dovevano pagare un tributo al clan dominante. La vita nomade non rendeva le tribù completamente autosufficienti, perciò compivano sovente razzie e incursioni nei ricchi e vicini territori cinesi. La Cina, per difendersi sia sul piano militare sia su quello politico, sfruttò abilmente le discordie tra i vari capi clan, concedendo ad alcune tribù titoli onorifici e provviste di cibo in cambio della vigilanza dei suoi confini. In seguito, grazie agli intensi traffici dei mercanti cinesi e musulmani, l’economia mongola si sviluppò verso forme più evolute. I Mongoli adottarono la carta moneta come mezzo di scambio, il cui valore era garantito dal tesoro del Gran Khan. La carta impiegata era prodotta con corteccia di gelso, le banconote erano nere e portavano il sigillo dell’imperatore. Se una banconota si rovinava, il possessore poteva cambiarla presso la zecca imperiale, pagando per il servizio il tre per cento del suo valore nominale. Inoltre in territorio mongolo sorsero alberghi, mercati, posti di frontiera e numerose strade.
Il mitico Gengis Khan La data esatta della nascita di Temujin (il vero nome di Gengis Khan) non è certa. Nacque nel 1155 secondo fonti persiane e nel 1162, 1167 o 1176 secondo altre. Nel 1206, grazie alle sue capacità politiche e militari, Temujin fu riconosciuto capo di tutti i Mongoli con il titolo di Gengis Khan. Da allora in poi, i suoi eserciti invasero il nord della Cina e giunsero a Pechino. Nel 1215 l’impero mongolo si estendeva fino al Tibet e al Turkestan. E non era finita: in pochi decenni i Mongoli invadono l’Afghanistan, aggirano il Caspio, dilagano nella pianura russa e finalmente si insediano a Baghdad, la storica capitale araba, uccidendo l’ultimo califfo. Alla morte di Gengis Khan l’impero mongolo si disintegrò a causa delle dispute tra i suoi successori. La Cina invase la Mongolia e incendiò la capitale imperiale, ma non riuscì a controllarne completamente il territorio. FONTE
Alcuni territori occupati dal bioma della tundra sono interessati dalla presenza di imponenti giacimenti petroliferi. Nella sola Siberia occidentale, si trova più della metà delle riserve di petrolio di tutta la Russia.
Un altro importante prodotto proveniente dalla tundra russa è il metano. Ogni anno vengono estratti 220 miliardi di metri cubi di gas, gran parte dei quali vengono trasportati in Europa grazie a metanodotti lunghi migliaia di chilometri. Il metano utilizzato in Italia arriva proprio da quelle terre gelide. Dal terreno ghiacciato della tundra potrebbe venire una nuova fonte di energia: gli idrati di metano. Sono costituiti da molecole d’acqua e di metano mescolate e congelate insieme. Si trovano nei sedimenti degli oceani e nel permafrost delle distese artiche. Gli idrati contengono metano in forma altamente concentrata che potrebbe essere estratto mediante una specie di “scongelamento”. Questa operazione è ancora difficile da effettuare ma è molto interessante, perché un metro cubo di idrato di metano sviluppa la stessa energia che si ottiene bruciando 135 chilogrammi di petrolio. FONTE
Nella taiga sono presenti molti giacimenti sia petroliferi sia di gas metano. La Norvegia oggi è il maggior esportatore europeo di petrolio e uno dei principali fornitori di gas naturale per l’Europa. In Siberia sono presenti grandi riserve di carbone, petrolio, metano, ferro argento, oro, diamanti, uranide e numerosi minerali. In Canada, lo sfruttamento minerario rappresenta più del 30% dell’intera economia. Altra attività economica è il commercio delle pellicce che, in Canada, impiega il 3% della popolazione. Sono di grande interesse economico le pellicce di scoiattolo, volpe, visone ed ermellino. L’industria ittica produce salmone e altre specie di pesci, essenzialmente per la vendita ai consumatori locali.
FONTE
La salute delle foreste garantisce benessere al Pianeta: le foreste, infatti, proteggono i bacini imbriferi, indispensabili a fornire acqua dolce, e il suolo contro l’erosione idrica ed eolica, contribuiscono al riossigenamento dell’aria, danno rifugio a piante e animali, cibo e foraggio alle popolazioni di montagna, sono fonte di legname e di altri prodotti. Nonostante questo, le foreste sono in pericolo.
Già nel Medioevo il legno era una risorsa di primaria importanza in quanto unica fonte di energia insieme all’acqua. Successivamente, in seguito alla Rivoluzione Industriale, le foreste si sono ridotte notevolmente. Infatti, sono aumentati i diversi utilizzi di questa risorsa: il legno è stato utilizzato come fonte di energia per le fucine (impianti in cui si lavorano a caldo pezzi metallici) e le vetrerie, per costruire le traversine dei binari in un periodo in cui la rete ferroviaria fu estesa per migliaia di chilometri, per costruire nuove abitazioni a seguito della crescita demografica in atto. Le uniche foreste antiche sono rimaste quelle dei paesi dell’Est e della Russia. Esse sono dette “primarie” e non sono mai state sfruttate perché sono sempre appartenute a ricchi signori che le utilizzavano per la caccia, oltre ad essere spesso di difficile accesso. Oggi si tenta di impostare la gestione delle foreste rimaste in modo da valorizzare e preservare il loro valore. A questo scopo sono stati istituiti numerosi parchi, dove conoscere e apprezzare la foresta permette di diffondere una cultura più “ecologista”. Inoltre la FAO ha istituito un programma di valutazione delle risorse forestali globali. Per realizzarlo si è ricorso al telerilevamento e alla mappatura del territorio per monitorare lo stato degli ecosistemi del Pianeta. FONTE
Nella foto: famiglia di Negritos
Molti sono i popoli delle foreste pluviali asiatiche: Yumbri in Thailandia, Pigmei, Negritos e Sarawak in Malesia, Tasaday nelle Filippine, Gajo, Mentawai, Badui, Tenggerese in Indonesia, ecc. Tutti questi popoli sono stati costretti nel corso del tempo a ritirarsi nelle foreste in seguito all’arrivo di popolazioni più evolute che si sono insediate nelle zone coltivabili. Da allora hanno sviluppato diverse strategie per sopravvivere. La caccia è l’attività principale: le punte delle frecce sono intrise di veleni naturali in grado di uccidere la preda. Sono abili cacciatori e con una cerbottana sono in grado di abbattere animali a distanze anche maggiori di 50 metri. In Nuova Guinea il maiale occupa un posto di particolare rilevanza nell’economia locale, in quanto rappresenta l’unica consistente fonte di proteine. Possederne uno è indice di ricchezza e di prestigio e la sua uccisione richiede una cerimonia che attira tribù vicine e lontane. Poiché l’ambiente della foresta è ricchissimo di vegetazione, questi popoli integrano la loro alimentazione con frutti e piante. Dalla vegetazione ricavano anche medicine sfruttando profonde conoscenze acquisite nel corso di secoli, e attirano botanici e agronomi da tutto il mondo. FONTE
Le barriere coralline danno tuttora sostentamento a milioni di persone che vivono sulla costa e nelle regioni tropicali. I pescatori escono a bordo delle loro imbarcazioni attrezzate con reti, trappole e fiocine per procurare il cibo alle loro famiglie e vendere nei mercati locali l’eventuale prodotto in esubero. Durante la bassa marea, donne e bambini setacciano le barriere e le pozze d’acqua dove trovano molluschi, pesci e crostacei. Se utilizzate adeguatamente, le barriere coralline potrebbero arrivare a fornire circa 15 milioni di tonnellate di cibo l’anno (circa il 12% del pescato mondiale totale). Purtroppo invece, gli animali del reef sono stati razziati indiscriminatamente in tutto il mondo e i pescatori oggi trovano sempre più difficile guadagnarsi da vivere. I primi a sparire sono i grossi pesci come le cernie. Le aragoste erano una volta il cibo delle povera gente nei Caraibi, ma ora sono diventate così rare che soltanto i turisti possono permettersele al ristorante.
FONTE
Nella savana si coltivano in prevalenza cereali (come avena e mais) datteri, olive e ortaggi. L’allevamento comprende animali come capre, pecore, cavalli e differenti specie di bovini. L’economia trae profitto dalla savana non solo attraverso le attività agricole e di allevamento, ma anche dalle risorse naturali che si trovano in questo ambiente. Il baobab, per esempio, è un albero che viene utilizzato per scopi differenti: come medicinale per diverse malattie, e per il suo legno leggero, utilizzato per la costruzione di strumenti musicali e piroghe. Il frutto può essere mangiato crudo, oppure usato per confezionare bevande; anche le radici vengono degustate come se fossero asparagi. A livello faunistico, la savana costituisce un luogo di estrema importanza per molte specie di uccelli migratori. I Parchi naturali della savana sono un bacino indispensabile per la salvaguardia delle specie in via di estinzione e per ricerche scientifiche ed etologiche in habitat selvatico.
FONTE |
Archivio
March 2020
Categorie
All
|