FONTE
Durante l’era glaciale, nel Nord America, poiché non era presente nessuna catena di montagne in grado di fermare l’avanzamento dei ghiacci, (infatti, le catene principali, le Montagne Rocciose e gli Appalachi, decorrono con direzione nord-sud) questi ultimi avanzarono verso sud, provocando la ritirata delle foreste temperate. In Europa invece, le Alpi e i Pirenei impedirono l’avanzata dei ghiacciai contrastando la ritirata delle foreste da nord a sud. Comunque, molte specie di piante subirono un arresto nella loro diffusione a causa della incalzante avanzata dei ghiacciai, fino ad arrivare all’estinzione. Le foreste cinesi non subirono l’avanzamento dei ghiacci e le conseguenze dell’era glaciale, mantenendo così un numero di specie vegetali ancora più elevato rispetto a quelle europee. Probabilmente le foreste orientali asiatiche ed europee, un tempo, formavano una cintura continua; ancora adesso, infatti, alcune specie di alberi sono comuni in entrambe le aree. Ne è esempio il noce del Caucaso, di cui oggi si conoscono nel mondo 8 varietà, 7 delle quali sono in Cina e in Giappone e l’ottava nel prolungamento verso il Caspio del bioma della foresta temperata dell’Iran. Prima dell’era glaciale, questo albero era molto diffuso in tutte le foreste decidue d’Europa, come è dimostrato dal ritrovamento di polline fossile. In seguito alle glaciazioni, il noce del Caucaso divenne raro in Occidente, sopravvivendo solo nelle foreste decidue dell’Iran e costituendo una sorta di collegamento con la flora delle foreste temperate nell’Estremo Oriente. FONTE Fino al secolo scorso, le foreste tropicali avevano un’estensione superiore a quella attuale. Reperti fossili provano che le foreste si originarono nel Terziario (da 65 a 2 milioni di anni fa) nelle regioni dell’Asia sudorientale, e che la loro flora non era diversa da quella attuale. Alcuni aspetti della loro struttura nel tardo Pleistocene (dopo l’ultima glaciazione, 10.000 anni fa) ci sono noti grazie alla paleontologia (scienza che studia gli antichi esseri viventi attraverso i fossili) e alla biogeografia (studia la distribuzione geografica degli esseri viventi sulla superficie terrestre e i fattori che la provocano). Ultimamente, il passato di questo ecosistema è studiato grazie all’analisi dei pollini fossili e dei fitoliti (inclusioni di minerali in foglie, steli e frutti). L’espansione delle foreste tropicali maggiori si è probabilmente verificata nel periodo postglaciale. Lo studio della diversificazione e della distribuzione passata e presente delle specie viventi suggerisce che, nell’area amazzonica, esistessero dei tratti di foreste che interrompevano le praterie; quando queste “strisce” di foresta si unirono, le specie si diffusero in altre zone e le foreste raggiunsero l’attuale ricchezza biologica. In un passato lontano, le foreste tropicali ricoprivano anche paesi a nord, compresa la valle del Tamigi in Inghilterra, che era ricca di flora e fauna tropicale. Il susseguirsi dei cambiamenti climatici la fecero scomparire, mentre ai tropici le foreste tropicali sopravvissero e si ampliarono. FONTE I più antichi reperti di barriere coralline risalgono a circa 500 milioni di anni fa. A quel tempo, sino ad una latitudine di 40-45 gradi Nord e Sud si potevano trovare acque con una temperatura media di 20 °C. Nel Paleozoico (560-290 milioni di anni fa) le barriere coralline occupavano una superficie di 5 milioni di chilometri quadrati e avevano un tasso di crescita verticale elevatissimo (sino a 200 m per milione di anni). Circa 360 milioni di anni fa, per un periodo durato circa 4 milioni di anni, le barriere coralline si ridussero a 1.000 chilometri quadrati, sparendo quasi dappertutto. Le cause di questo cambiamento furono la diminuzione di temperatura della Terra e la collisione dell’antico supercontinente Gondwana con lo scudo nordamericano, da cui derivò un cambiamento delle correnti marine. Da allora i movimenti della crosta terrestre e le variazioni climatiche hanno continuato ad influenzare, alternativamente, la crescita e la distruzione delle barriere. Nel Mesozoico (circa 260 milioni di anni) si formò un mare nuovo, la Tetide, esteso da est verso ovest, che univa fra loro l’Atlantico, il Mediterraneo, l’Oceano Indiano e il Pacifico e questo cambiamento portò ad un nuovo sviluppo dei reef. Il Mediterraneo, un mare oggi assolutamente privo di barriera corallina, allora era il mare più ricco di coralli; vi vivevano 65 generi contro i circa 30 presenti attualmente nell’intero Atlantico. Verso la fine del Terziario (25 milioni di anni fa), la Tetide si divise a causa della deriva dei continenti e sorsero gli attuali oceani, con conseguenze sulla distribuzione dei reef nel mondo. Le costruzioni madreporiche si spostarono verso la regione indo-malese, dopo che la Tetide mediterranea si chiuse, e l’India si spostò verso l’Asia. Nel Pliocene (11-14 milioni di anni fa) rimasero isolate dall’Indo-Pacifico anche le barriere coralline dell’Atlantico occidentale a causa della comparsa delle terre destinate a diventare in seguito l’America centrale. In questa era nacquero le due principali regioni coralline, tutt’oggi esistenti: quella caraibica e quella indo-pacifica. FONTE Durante l’era Cenozoica, l’area del mar Mediterraneo era un enorme oceano e si ridusse progressivamente formando alcuni bacini secondari. Il principale di essi si trasformò in seguito nel Mar Mediterraneo. A causare questo fu l’avvicinamento tra la placca continentale africana e quella eurasiatica. Le enormi spinte provenienti da sud fecero sollevare i sedimenti accumulati sul fondo dell’oceano, dando origine alle catene montuose dell’Atlantide, dei Pirenei, delle Alpi, dei Balcani e dell’Asia minore. Nell’ultima fase del Miocene, l’antico oceano divenne un mare interno, anche se differente dall’attuale mar Mediterraneo. Nell’era geologica successiva, il Pliocene, il mar Mediterraneo si prosciugò. I fenomeni geologici associati a questo periodo, come l’apertura di enormi fratture, l’attività vulcanica, il sollevamento di aree costiere, ecc. furono il punto di partenza per la formazione della complessità ecologica e geografica della regione mediterranea. Questa fase favorì l’espansione di piante resistenti al sale (Alofite dei generi: Limonium, Salicornia, Arthrocnemum, Salsola, Artemisia) e la comparsa di piccole specie poco diffuse, la cui adattabilità a condizioni particolari favorì la loro successiva evoluzione. Alla fine quello che è l’attuale stretto di Gibilterra si spaccò in seguito a movimenti della crosta terrestre e le acque dell’Atlantico si riversarono nel bacino mediterraneo. La configurazione attuale di questo bacino fu stabilita all’incirca cinque milioni di anni fa. FONTE |
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March 2020
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