Nei territori selvaggi dell'Africa la presenza di cibo e acqua è collegata all'alternanza delle stagioni: ecco il motivo delle migrazioni degli animali. La migrazione più massiccia conosciuta finora è quella che avviene nella piana del Serengeti: milioni di animali (tra cui almeno 750 mila zebre e più di un milione di gnu, oltre a gazzelle e orici) che si spostano dall'area del cratere di Ngorongoro, nel sud della Tanzania, fino alla riserva Masai Mara in Kenya, facendo ritorno durante la stagione delle piogge.
Un gruppo di scienziati ha scoperto di recente qual è lo spostamento più lungo tra i mammiferi africani: come riporta un articolo sulla rivista Oryx, un branco di qualche migliaio di zebre di Burchell (Equus quagga) copre ogni anno quasi 500 chilometri in linea d'aria, tra la Namibia e il Botswana. Questa migrazione è stata osservata ormai per diversi anni consecutivi: il record non riguarda la lunghezza del viaggio in sé (nel Serengeti gli animali compiono giri più lunghi e quindi percorrono più chilometri) ma la distanza senza precedenti tra il punto di partenza e quello di destinazione.
Un viaggio in linea retta
"Un simile percorso nord-sud, senza deviazioni o errori nella direzione, è inusuale", commenta Robin Naidoo, responsabile scientifico per la conservazione del WWF. "È stata una grande sorpresa sia per gli studiosi che hanno preso parte alla ricerca, sia per chiunque si occupi di conservazione della fauna selvatica in questa regione. Nessuno sapeva che si svolgesse una migrazione di questa scala e su distanze simili".
Naidoo spiega che il comportamento delle zebre aveva attirato l'attenzione di un team composto da scienziati del WWF e addetti del Ministero dell'ambiente e del turismo della Namibia. "Gli animali comparivano sulle piane alluvionali della Salambala Conservancy durante la stagione asciutta, quando potevano trovarvi fonti d'acqua permanenti, per poi sparire durante la stagione delle piogge". La sorpresa è stata scoprire che si trattava delle stesse zebre che i biologi di Elephant Without Borders avevano munito di collari satellitari lungo il fiume Chobe, in Botswana. Quando i due gruppi di ricerca hanno unito le forze, si sono resi conto dell'impressionante distanza percorsa dagli animali.
"Le nostre prime ricerche avevano suggerito che ci fossero altre destinazioni possibili per la stagione delle piogge, più vicine alle aree dove le zebre trascorrono la stagione secca. E però non andavano lì", racconta Naidoo. Perché non avrebbero dovuto optare per un viaggio meno impegnativo? Studi su altri mammiferi migratori hanno mostrato che intere generazioni di animali tendono a mantenere gli stessi corridoi di spostamento. Ad esempio, spiega l'ecologo specializzato in ungulati Mark Hebblewhite, dell'Università del Montana, "abbiamo scoperto che negli Stati Uniti occidentali l'antilocapra migra lungo lo stesso percorso da oltre 6.000 anni. Si tratta probabilmente di un fattore che non deriva solo dalla conformazione del paesaggio, bensì dalla trasmissione delle conoscenze tra animali sociali".
Secondo Naidoo questa tradizione potrebbe avere anche basi genetiche. Saranno comunque necessari anni di monitoraggio per scoprire quale sia la ragione che muove le zebre e "determinare se ogni anno percorrano effettivamente lo stesso tragitto andando nella medesima direzione".
Qualche deviazione
Un'altra lunga migrazione di zebre, come riporta uno studio del team della biologa Hattie Bartlam-Brooks dell'Università di Bristol, si era interrotta per circa 20 anni a causa della presenza di recinzioni; quattro anni dopo la rimozione delle strutture, gli animali hanno ricominciato a muoversi sul vecchio percorso. "Sono riusciti a riprendere una migrazione storica, e nel giro di due anni seguivano già una ben precisa direzione", commenta Bartlam-Brooks. "Penso che questo dimostri che le zebre possono adattarsi e sono in grado di rispondere ai cambiamenti delle rotte di migrazione, nonostante il prezzo pagato dalla popolazione per riuscirvi sia piuttosto elevato".
Studiare le migrazioni non è solo un modo per nutrire la curiosità degli scienziati. "Capire come gli animali prendono decisioni individuali ha un gran valore dal punto di vista della conservazione", spiega Hebblewhite. "Il declino delle specie migratorie avviene a livello globale: se scopriamo cosa li porta a interrompere gli spostamenti, possiamo intervenire". Questi studi forniscono anche molti indizi per indirizzare l'istituzione di aree protette. La nuova migrazione delle zebre ha interamente luogo all'interno dei confini di un'area tutelata, conosciuta come Kavango-Zambezi Transfrontier Conservation Area (KAZA), che con i suoi 440.000 chilometri quadrati è la più ampia area di conservazione transfrontaliera del mondo.
Altri percorsi migratori, tuttavia, possono attraversare territori in cui è costante l'attività venatoria, l'habitat è stato distrutto o villaggi, fattorie, recinti e altre infrastrutture sono sempre più diffusi. Quando tali fenomeni bloccano i corridoi di migrazione, è l'intero ecosistema a soffrirne. Ed è per questo che limitarsi a proteggere alcune zone, come spesso hanno fatto le operazioni di conservazione in passato, non è sufficiente. Secondo Jeffrey Parrish del WWF, "la fauna selvatica, come queste zebre, deve avere la libertà di spostarsi tra zone protette, a volte anche attraverso confini nazionali. Si tratta di una questione particolarmente importante perché il cambiamento climatico ha modificato gli habitat, forzando la fauna selvatica migratoria -e anche quella che normalmente non migra- a spostarsi, mentre il loro ambiente naturale scompare".
Migrazione come connessione
Oltre a permettere agli animali di sopravvivere alle stagioni meno favorevoli, qual è l'importanza di questi spostamenti? "Le migrazioni permettono alle specie di raggiungere densità più elevate di quanto potrebbero fare senza i corridoi di spostamento, e in habitat differenti", spiega Hebblewhite, che le paragona alle connessioni che avvengono nel cervello. "Sappiamo che la forza della biodiversità deriva dai legami tra le specie stesse, e la migrazione è uno dei meccanismi più importanti per mantenerli. Perdendo le migrazioni perdiamo il collegamento tra ecosistemi, specie e processi naturali".
Il team di Naidoo concorda sul fatto che i corridoi naturali sono fondamentali per la sopravvivenza dei grandi mammiferi africani che li percorrono, e per l'ambiente naturale stesso. "Aree protette come il KAZA sono necessarie per preservare questi fenomeni ecologici su larga scala", spiega Naidoo. Per quanto riguarda le zebre, "la gestione dell'area sarà un fattore chiave per riuscire a mantenerla com'è ora". Parrish del WWF aggiunge che è importante capire che "proteggere i corridoi non significa isolarli. Significa, nel gestire il territorio, lasciare alla fauna selvatica la libertà di muoversi, sia che questo comporti proteggere in toto un percorso migratorio, sia che preveda solamente la sua gestione in funzione degli spostamenti degli animali".
A parte le problematiche di gestione del territorio, secondo Bartlam-Brooks la scoperta di migrazioni "nuove" rimane affascinante, in particolare perché non abbiamo ancora compreso del tutto il perché gli animali facciano quello che fanno. "Le zebre individuano la strada da percorrere attraverso centinaia di chilometri di arida pianura, apparentemente priva di tratti distintivi", commenta. "È piuttosto stupefacente, se pensiamo che fanno quel viaggio solamente due volte l'anno. Noi ci affideremmo a mappe, segni, GPS, e rischieremmo comunque di perderci!".
"Scoperte come queste", conclude Naidoo, "ci ricordano che la natura, al giorno d'oggi, ha ancora molte sorprese in serbo per noi".
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