Lo strumento usato da Berns per guardare nella mente di alcuni cani, opportunamente addestrati a rimanere seduti durante gli esperimenti, è la risonanza magnetica funzionale (fMRI), una tecnica di imaging non invasiva che, rispetto all’imaging a risonanza magnetica (MRI), non cattura immagini del cervello, ma registra l’attività delle sue cellule nervose.
Per quanto il legame tra cane e essere umano risalga ormai a 40.000 anni fa, ancora non siamo in grado di interpretarne i latrati, gli scodinzolamenti e altri comportamenti.
“Abbiamo cominciato a studiare i cani circa tre anni fa proprio per poter capire meglio cosa pensino o che esperienze provino”, dice Berns.
Berns e il suo gruppo si concentrano, in particolare, sulle aree del cervello canino simili ad altre del nostro cervello, per esempio le strutture associate ai meccanismi di azione-ricompensa.
Profumo di umano
Nel nuovo studio, Berns e il suo gruppo hanno applicato l’fMRI a dodici cani, tra i quali cinque cani guida o da terapia, oltre al cane dello stesso Berns, per testarne la risposta ad alcuni odori.
Ai cani sono stati sottoposti cinque odori su tamponi di garza: quello di un essere umano familiare e quello di una persona sconosciuta, poi quello di un cane della stessa famiglia e quello di un cane sconosciuto e, infine, il proprio odore.
I ricercatori hanno osservato che l’odore che più attivava il nucleo caudato dei cani, un’area del cervello associata ad aspettative positive, era quello del proprio padrone.
Questa scoperta mostra che i cani non solo sono in grado di distinguere i loro familiari umani attraverso l’olfatto e che vi associano aspettative positive, ma anche che il loro odore è impresso nella loro mente.
Gli altri quattro odori, invece, non hanno suscitato nei cani una risposta altrettanto significativa, anche se l’odore dell’altro cane di famiglia si è aggiudicato il secondo posto.
Selezionare meglio i cani guida
Questo tipo di ricerche potrebbe aiutare a individuare in modo più efficiente i cani da lavoro, inclusi i cani guida, sottolinea Berns.
Per esempio, la prossima ricerca su questi cani abituati all’fMRI si concentrerà sulla loro reazione a segnali impartiti con le mani, e mirerà a capire se la loro risposta sia diversa in base alla persona da cui provengono. Porsi questa domanda ha senso soprattutto per i cani guida, che “devono necessariamente essere in sintonia con il proprio padrone”, spiega Berns.
Inoltre, si potrebbero individuare, tra i potenziali cani di servizio, quelli che si rivelano più adatti allo scopo in base alle loro risposte cerebrali. Addestrare cani di servizio è molto costoso, continua Berns, e solo circa il 30 o il 40 per cento di quelli sottoposti all'addestramento vengono poi effettivamente messi a disposizione di qualcuno.
Per concludere, Berns è convinto che i cani provino una sensazione simile al piacere quando sentono l’odore del proprio padrone. “E' sempre difficile dimostrare che un animale provi qualcosa di simile a un’emozione umana di fronte agli scettici, ma io penso che sia così”.
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