in 20 mila anni il cervello del gatto si e' ridotto del 30 per cento perdendo quindi molte capacita' che una volta aveva. Ricerche USA su una sottospecie rarissima di gatto selvatico spagnolo
gatta selvatica sarda ( felis silvestris sarda ) e gatto domestico in un momento di gioco
L' ha raccontato Rudyard Kipling in una delle sue "Storie proprio cosi' ": in un tempo lontano il gatto era il piu' selvaggio degli animali domestici, non si lasciava tentare facilmente da una ciotola di latte tiepido e "tutti i posti erano uguali per lui".
Mentre al giorno d' oggi Felis catus e' un po' meno selvaggio, si e' abituato a vivere accanto all' uomo (nelle case italiane se ne contano circa 4 milioni) e si e' convinto che una poltrona bene imbottita e' , tutto sommato, un posto "meno uguale" di altri.
Sotto il profilo evolutivo, pero' , questa inclinazione tutta felina per le comodita' e l' adattamento millenario alla convivenza con l' uomo sembra aver avuto un suo prezzo, come ha osservato Robert Williams, neurobiologo della University of Tennessee College of Medicine di Memphis, in collaborazione con Carmen Cavada e Fernando Reinoso Suarez dell' Universita' di Madrid.
Avendo l' opportunita' di studiare una rarissima sottospecie di gatto selvatico spagnolo (Felis silvestris tartessia), che si ritiene sia fisicamente identico a gatti selvatici vissuti ventimila anni fa, e confrontandolo con esemplari di gatti domestici (Felis catus), i ricercatori hanno dimostrato notevoli differenze fra l' uno e l' altro, formulando anche un' intrigante ipotesi sui meccanismi evolutivi del cervello del gatto. I risultati di questo studio sono apparsi sulle pagine scientifiche del "New York Times" e sul "Journal of Neuroscience".
Secondo le loro osservazioni, in un lasso di tempo di "soli" ventimila anni, le dimensioni e il peso del gatto domestico si sono pressoche' dimezzati rispetto a quelli dell' antenato selvatico, ma le differenze non sono solo qui: anche il cervello e' piu' piccolo e ci sono notevoli differenze nel numero delle cellule nervose che lo compongono. Nel gatto domestico sarebbero circa il 30% in meno rispetto alla sottospecie selvatica.
Un 30% che non si sarebbe "perso per strada" nel corso di una lenta evoluzione, ma che verrebbe soppresso dal cervello fetale poco prima della nascita con un meccanismo biologico molto singolare: un vero e proprio "suicidio cellulare" provocato dall' accumulo di proteine tossiche all' interno delle cellule. Si tratterebbe quindi di una forma di evoluzione cerebrale "rapida" basata sulla soppressione di cellule che non servono piu' , piuttosto che sul loro non sviluppo a livello embrionale.
Come sono giunti a questa conclusione? Esaminando la retina, il nervo ottico e determinati raggruppamenti di neuroni che ricevono gli impulsi luminosi dalla retina e li ritrasmettono alla corteccia visiva, Williams e colleghi hanno notato che nei feti di gatti selvatici e domestici il numero e le dimensioni delle cellule nervose sono pressoche' identici, mentre negli individui adulti risultano molto diversi sia quantitativamente che qualitativamente. I gatti domestici hanno un 30% in meno di cellule nervose e nella loro retina si contano molti meno coni (i fotorecettori per la percezione dei colori) rispetto ai gatti selvatici: 35.000 per mm quadrato contro 100.000 per mm quadrato.
"La soppressione di cellule fetali come meccanismo evolutivo e' un' idea interessante, ma c' e' ancora molto lavoro da fare", ha commentato Harvey Karten, un biologo dell' Universita' di San Diego, sottolineando che i dati disponibili non consentono di dire che la soppressione cellulare e' un meccanismo con cui si esprime l' evoluzione.
FONTE
L' ha raccontato Rudyard Kipling in una delle sue "Storie proprio cosi' ": in un tempo lontano il gatto era il piu' selvaggio degli animali domestici, non si lasciava tentare facilmente da una ciotola di latte tiepido e "tutti i posti erano uguali per lui".
Mentre al giorno d' oggi Felis catus e' un po' meno selvaggio, si e' abituato a vivere accanto all' uomo (nelle case italiane se ne contano circa 4 milioni) e si e' convinto che una poltrona bene imbottita e' , tutto sommato, un posto "meno uguale" di altri.
Sotto il profilo evolutivo, pero' , questa inclinazione tutta felina per le comodita' e l' adattamento millenario alla convivenza con l' uomo sembra aver avuto un suo prezzo, come ha osservato Robert Williams, neurobiologo della University of Tennessee College of Medicine di Memphis, in collaborazione con Carmen Cavada e Fernando Reinoso Suarez dell' Universita' di Madrid.
Avendo l' opportunita' di studiare una rarissima sottospecie di gatto selvatico spagnolo (Felis silvestris tartessia), che si ritiene sia fisicamente identico a gatti selvatici vissuti ventimila anni fa, e confrontandolo con esemplari di gatti domestici (Felis catus), i ricercatori hanno dimostrato notevoli differenze fra l' uno e l' altro, formulando anche un' intrigante ipotesi sui meccanismi evolutivi del cervello del gatto. I risultati di questo studio sono apparsi sulle pagine scientifiche del "New York Times" e sul "Journal of Neuroscience".
Secondo le loro osservazioni, in un lasso di tempo di "soli" ventimila anni, le dimensioni e il peso del gatto domestico si sono pressoche' dimezzati rispetto a quelli dell' antenato selvatico, ma le differenze non sono solo qui: anche il cervello e' piu' piccolo e ci sono notevoli differenze nel numero delle cellule nervose che lo compongono. Nel gatto domestico sarebbero circa il 30% in meno rispetto alla sottospecie selvatica.
Un 30% che non si sarebbe "perso per strada" nel corso di una lenta evoluzione, ma che verrebbe soppresso dal cervello fetale poco prima della nascita con un meccanismo biologico molto singolare: un vero e proprio "suicidio cellulare" provocato dall' accumulo di proteine tossiche all' interno delle cellule. Si tratterebbe quindi di una forma di evoluzione cerebrale "rapida" basata sulla soppressione di cellule che non servono piu' , piuttosto che sul loro non sviluppo a livello embrionale.
Come sono giunti a questa conclusione? Esaminando la retina, il nervo ottico e determinati raggruppamenti di neuroni che ricevono gli impulsi luminosi dalla retina e li ritrasmettono alla corteccia visiva, Williams e colleghi hanno notato che nei feti di gatti selvatici e domestici il numero e le dimensioni delle cellule nervose sono pressoche' identici, mentre negli individui adulti risultano molto diversi sia quantitativamente che qualitativamente. I gatti domestici hanno un 30% in meno di cellule nervose e nella loro retina si contano molti meno coni (i fotorecettori per la percezione dei colori) rispetto ai gatti selvatici: 35.000 per mm quadrato contro 100.000 per mm quadrato.
"La soppressione di cellule fetali come meccanismo evolutivo e' un' idea interessante, ma c' e' ancora molto lavoro da fare", ha commentato Harvey Karten, un biologo dell' Universita' di San Diego, sottolineando che i dati disponibili non consentono di dire che la soppressione cellulare e' un meccanismo con cui si esprime l' evoluzione.
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